We are all wonderwomen!

8 Marzo, Giornata Internazionale della Donna.

Ricordiamoci delle donne che hanno lottato, che hanno avuto coraggio e che hanno vinto le loro battaglie. Pensiamo alle donne che lo fanno ogni giorno, con la paura di subire violenze, di essere schiacciate e nonostante questo affrontano il pericolo e le avversità.

Grandi donne della storia che hanno governato imperi, cervelli raffinati che hanno studiato ed aiutato il mondo ad allargare i propri orizzonti. Mamme, nonne, amiche, conoscenti e sconosciute che incrociamo per strada, delle quali non sappiamo niente, ma che portano con sè un universo intero.

E’ grazie a loro che oggi siamo quello che siamo ed è per loro che tutti dobbiamo fare la nostra parte. Per le donne di oggi e per quelle di domani.

Buona festa della donna.

Legge 14 luglio 2017 n. 110: “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano”

A seguito della legge 14 luglio 2017 n. 110, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 18 luglio, intitolata “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano”, il Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione III del Codice Penale è stato arricchito di due nuove fattispecie delittuose.

Fra i delitti contro la persona, sono stati inseriti gli articolo 613 bis (Tortura) e 613 ter (Istitgazione del pubblico ufficiale a commettere tortura).

La prima norma prevede testualmente: “Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti
alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.”

La seconda, invece: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.”

Un’importante modifica è stata apportata anche all’articolo 191 del Codice di Procedura Penale, in materia di prove illegittimamente acquisite, inserendo un comma 2 bis, ai sensi del quale: “Le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili,
salvo che contro le persone accusate di tale delitto e al
solo fine di provarne la responsabilità penale.”

La legge 110/2017 è intevenuta anche sul decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, inserendo nell’ambito dell’articolo 19, comma 1, il divieto di respingimento, espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato, nell’ipotesi in cui vi siano fondati motivi per ritenere che la stessa possa essere sottoposta a tortura, tenendo conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani.

Inoltre, agli stranieri sottoposti a procedimenti penali o condannati per il reato di tortura in un altro Paese o da un tribunale internazionale, non potrà essere riconosciuta alcuna forma di immunità e in caso di richiesta da parte dello Stato in cui è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata condanna, potrà essere estradato, nel rispetto delle norme interne e dei trattati internazionali.

Il cartello “Attenti al cane” non esonera il proprietario da responsabilità

Co decisione del gennaio 2017 numero 17133, depositata in aprile, La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza assolutoria del Giudice di Pace, pronunciatosi in materia di lesioni personali colpose.

La vicenda prende le mosse dall’aggressione da parte di un cane di grossa taglia, subita da un portalettere, il quale aveva varcato l’ingresso, nonostante fosse stato avvertito di non entrare. Questa circostanza era stata considerata quale evento imprevedibile e non evitabile da parte del padrone, tale da escludere l’elemento soggettivo della colpa.

Due i motivi di ricorso in Cassazione, avanzati dal Procuratore della Repubblica: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, poiché il fatto che un postino faccia ingresso in un’abitazione costituisce un evento ordinario e del tutto prevedibile che non può far ritenere il proprietario dell’animale esentato da responsabilità per aver apposto il cartello d’avvertimento “attenti al cane”; mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al fatto che l’evento si fosse verificato all’interno della proprietà privata, come riportato dalla testimonianza del vicino di casa, oppure l’aggressione fosse avvenuta fuori dal cancello, come descritto dalla relazione di servizio.

Ritenendo fondato il ricorso, la Corte di Cassazione ha affermato che sarebbe illogico attribuire ogni responsabilità ad un comportamento avventato del postino, inoltre, anche gli animali domestici e non soltanto quelli feroci possono essere pericolosi. Tale caratteristica deve essere concretamente accertata, tenendo conto sia della razza d’appartenenza, sia di ogni altro elemento utile.

Il proprietario, secondo i giudici, assume una posizione di garanzia e il cartello “attenti al cane” costituisce un semplice avviso della presenza dell’animale, come tale non sufficiente ad esonerare il padrone dall’adottare ogni altra cautela necessaria ad evitare possibili aggressioni a terzi. Gli obblighi di custodia e di controllo sarebbero stati correttamente adempiuti assicurando l’animale al guinzaglio o alla catena, o ancora collocandolo in un’area del giardino non accessibile a terze persone, in modo tale che non potesse recar loro danno alcuno.